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Chi sono i Millennials? Intervista a Diego Martone

Chi sono i millennials

Incontriamo oggi Diego Martone, presidente e fondatore di Demia, società di consulenza strategica e ricerche di mercato, che si occupa da più di venticinque anni di ricerche demoscopiche e di marketing. Negli ultimi anni ha approfondito il tema del marketing generazionale, e ha realizzato per conto di Assogestioni e presentato al Salone del Risparmio 2015 la prima indagine sui risparmiatori di domani: i Millennials Italiani. Ampliando le analisi ad altri settori, tra cui quello della formazione e l’utilizzo degli strumenti digitali, ha scritto un interessante libro dal titolo molto accattivante “I nuovi Dei dell’Olimpo dei Consumi: alla conquista dei Millennials”. Ne sono scaturite riflessioni e spunti davvero interessanti.

Chi sono i Millennials?

Si fa un gran parlare dei Millennials, ma chi sono e sono davvero così unici e speciali?

I Millennials (nati tra il 1980 e 2000) sono un gruppo di persone molto numeroso sia in Italia (12,2 milioni) che in Europa (160 milioni) e rappresentino da qui a pochi anni il futuro dei sistemi produttivi e di consumo a livello mondiale. Nel marketing generazionale, che in Italia sta decollando solo in questi anni, ma che ha una lunga storia negli USA, l’analisi degli atteggiamenti, delle abitudini e dei comportamenti di gruppi così numerosi affonda in un concetto molto semplice: l’identificazione di un insieme omogeno di persone che è stato esposto a degli eventi che l’hanno caratterizzato in particolare durante la fase della formazione, dall’infanzia alla post-adolescenza. Detto questo, si può facilmente intuire come i Millennials rappresentano una novità assoluta rispetto alle generazioni precedenti, soprattutto a causa di due eventi importantissimi: l’avvento di internet e del digitale e la globalizzazione.

In che modo sono “diversi” dalle generazioni precedenti? E’ solo perché sono abituati ad usare internet?

Le differenze sono tantissime, e non necessariamente collegate al mondo digitale. Ad esempio è la prima generazione in cui la differenza di genere maschio/femmina conta molto di meno, non solo nella percezione delle ragazze/donne, ma anche presso i maschi stessi: la parità è data quasi per scontata. La competizione, infatti, è altrove. Soprattutto per quanto riguarda la ricerca e l’inserimento nel mondo lavorativo i competitor sono i coetanei di tutta Europa in primis, e di tutto il resto del mondo. In questo senso i Millennials sono abituati a viaggiare molto e a considerare di dover/poter cambiare residenza per trovare lavoro. Va detto che lo studio delle lingue straniere è ancora un limite dato che solo il 25% dei Millennials italiani ne studia almeno due, rispetto al 50% della media EU28, senza dimenticare i primi della classe, ovvero i francesi dove il 94% si cimenta con 2 lingue straniere…

I Millennials italiani quindi sono in ritardo rispetto agli altri?

Non direi proprio. L’Italia ha da sempre avuto delle eccellenze assolute, ma sicuramente è in ritardo sui metodi di formazione e a farne le spese sono gli studenti. La Generazione Y (un altro dei tanti modi in cui vengono definiti i Millennials) ha vissuto la rivoluzione digitale nel privato e non nelle strutture pubbliche. Anche la Generazione Z (nati dopo il 2000) continua a vivere un’offerta formativa basata prevalentemente sulla “carta”, mentre la mentalità e le capacità di apprendimento si sono molto trasformate.

Che cosa intendi?

I ragazzi di oggi non hanno più un modello di apprendimento basato sulla “memoria personale”, ma si riconoscono in un modello che chiamerei di “memoria consultativa”. La Rete è la fonte di definizioni, “how to”, wikipedia e similari, che fanno sì che si prediliga il “sapere dove trovare un sapere” piuttosto che “sapere perché l’ho studiato e lo recupero nella memoria peronale (il cervello) senza ausili”. Aggiungo a questo la modalità di svolgimento dello studio “a casa”, con sessioni di videoconferenza o gruppi di compagni di studio via instant messaging che surrogano la presenza fisica, ma che permettono affiancamenti e condivisione. E ovviamente anche strumenti di apprendimento più moderni e accattivanti come il vostro Redooc e tanti altri.
A questo va aggiunto anche il fatto che i Millennials considerano il futuro come una sfida che va affrontata con una formazione continua, anche in età adulta e non necessariamente in modo lineare rispetto alle loro competenze.

Si tratta quindi di persone che non smettono mai di studiare?

Si, sicuramente comprendono e vivono in una società complessa ed interconnessa che richiede di essere sempre aggiornati e pronti a confrontarsi con nuovi saperi, da quelli naturalmente in campo digitale ma anche in tanti altri settori.

Intendi anche i campi STEM?

Sicuramente. Nonostante la vocazione “letteraria” presente nel DNA italiano, grande interesse suscita tutto quello che ha a che fare con la scienza e la matematica. Basti pensare alla recente missione di Samatha Cristoforetti e alla consapevolezza che ad esempio dietro a Google e Facebook lavorino algoritmi matematici e statistiche in costante aggiornamento, come pure l’imminente avvento dei Big Data e dell’Internet of Things.

Grandi temi e grandi sfide per i Millennials quindi, ma sono pronti a raccoglierle?

Il punto è come riusciranno ad affrontare le sfide che li attendono e i dati dimostrano che la loro motivazione è molto alta in tutti i campi, a patto di saper tenere in debito conto la loro natura: ottimisti, aperti, tolleranti, ma anche pieni di incertezze, in costante ricerca di feedback e di comprendere il disegno che sta dietro a quello che fanno. Nel libro si trovano molte chiavi di lettura in questo senso ed esempi pratici come quello dei mediatori culturali all’interno di grandi organizzazioni che aiutano manager della Generazione X e Baby Boomers a rapportarsi con i Millennials.

Chiudiamo proprio con il libro. Ci puoi dire almeno un buon motivo per acquistarlo?

Temevo questa domanda… ma mi sono preparato bene la risposta. Il libro è frutto di anni di osservazioni, interviste e dati raccolti sul campo, ma chi l’ha letto ne ha colto la facilità discorsiva. Insomma è alla portata di tutti e non è un testo specialistico: offre un quadro di riferimento soprattutto per chi vuole rapportarsi, insegnare o lavorare assieme ai Millennials senza rischiare di interpretare i loro comportamenti nel modo sbagliato.
Il capitolo finale (il più lungo peraltro) offre proprio una guida all’azione che può servire a cogliere le opportunità e la forza che i Millennials hanno. Ed è veramente tanta.

Grazie Diego! 

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